Un segno caratteristico si ravvisa di netto e consiste nella matericità del colore. Le opere di Pietra Barrasso mostrano un densissimo impasto cromatico, che ora si rapprende quasi in alto rilievo, ora attenua il suo spessore in una sorta di stiacciato, ora concede velature e trasparenze, sempre recitando, però, parti da protagonista.
L'origine di questa fattualità coloristica in guisa di pastiche riporta, intanto, alle leggi costituzionali del principio del piacere, che è il fondamento della libertà inalienabile dell'arte e che, per cominciare, dando l'abbrivo, sospinge la percezione del linguaggio e impronta una pratica giocosa, consapevolmente "infante", ispirata ad un eros diffuso, dei mezzi espressivi; la sua declinazione, per ciò stesso, come ci insegna la tradizione delle avanguardie novecentesche, avviene sui paradigmi dell'informale e, dunque, rifugge istanze definite di rappresentazione mimetica, per abbandonarsi alle pulsioni, alle "visioni", alle proiezioni verso una "figuralità" altra, altrimenti "reale", di una soggettività senza vincoli che la contengano e la reprimano.
Le tele di Pietra Barrasso sembrano situarsi tra l'ascissa dell'espressionismo astratto e l'ordinata dell'action painting, tanto da concertarsi con gli usi e le procedure di un Pollock. L'urgenza del gesto e il caso si apprezzano, infatti, come moventi e incentivi dell'atto pittorico, ancora nel solco delle grandi aperture procurate dalle avanguardie, in specie da quella surrealista che sollecitava gli affacci imprevisti e perentori di un io profondo.
Che poi il caso sia guidato da qualcosa che assomiglia, in ossimoro, ad una involontaria auto-analisi del colore, la quale accorda la sua preferenza al giallo e sprigiona la forza simbolica della luce; che sulla luce si impostino variazioni tonali e timbriche, secondo un ritmo che definiremmo musicale e lungo una sequela di accordi sciorinati tra il crescendo di un trionfo meridiano e il diminuendo di un tramonto; che l'impromptu della nota cromatica comparsa in una eruzione gestuale sia, quando la necessità sopraggiunge di fianco al caso, lavorato con gli strumenti e le tecniche del "levare"; tutto questo pertiene alla dialettica - inevitabilmente di base all'arte e al suo costituirsi in espressione e in comunicazione - che impegna insieme l'inconscio e la coscienza, la fantasia libera e meravigliata e la ragione volta ad una specifica conoscenza con i mezzi della lingua antieconomica ed "erotica", mai etero diretta, della creatività pittorica. E la rete delle cromie, così, si lascia fendere da tagli, che conducono ad una dimensione come posta altrove; e si producono riflessi nei quali l'immagine, restando astratta, si offre sia dritta che capovolta, di modo che se ne profila un cominciamento possibile, che rivà all'immaginario collettivo e vi circoscrive archetipi, accenni totemici, quasi frammenti di mitologemi etnici; e le diluizioni lasciano tracce floreali ed evocano fantasmi e accarezzano sentori di parusie; e si conferma, per iterazione, la dinamica di un viaggio continuamente reversibile tra un di qua e un di là dello specchio, tra una realtà prima e una realtà seconda, o parallela, tanto che l'arte, nello spazio ideale, nel microcosmo denso dell'opera, sembra porsi nel mezzo. sembra presiedere, vigilare sulla soglia, ammettere libero il passaggio.
Siffattamente si costituiscono le condizioni di accesso, dalla porta della metafora e del principio di equivalenza, perché ritorni il represso e perché, tornando, pulsi i suoi segnali alternativi di richiamo ad una liberazione possibile. Qui nelle opere di Pietra Barrasso, per tale rispetto vogliamo rammentare tra gli altri il messaggio dell'acqua che riluce per intermittenze e per trasparenze sullo sfondo, che intrisa di cangianze sembra disegnare l'eco delle ninfee che Monet "impressionava” più e più volte sulla tela, che riporta il senso - ritmato dalle analogie, impregnato di luce - di una natura convenzionalmente emarginata, nel nostro contratto sociale rimossa, costretta a tacere, ma ora sotto gli impasti cromatici di questi quadri, fra le trame dei loro rilievi, capace di affiorare per fremiti associativi, di levare una voce alta di presenza che resiste, di speranza, di un umanesimo nuovo.
Marcello Carlino, Redattore e esperto di Letteratura italiana contemporanea.